Barriere Sociali Psicologiche e nella Cultura
Questo titolo non è mio, diciamo che – mi è stato affidato e che l’ho condiviso; subito dopo ho pensato che non volevo produrre una relazione, ma che avevo bisogno io stessa di stendere uno schema, una mappa della dinamica complessa dei bambini, degli uomini, delle donne in qualche modo e per qualche motivo diversi, che si trovano a vivere nel contesto paradigmatico dei cosiddetti normali.
Possiamo tracciare una piramide, al cui vertice troviamo le barriere culturali, seguite da quelle sociali (quasi tutte causa ed effetto delle prime).
I loro effetti producono le barriere psicologiche, che sono poi alla base dei danni psicologici sugli individui in difficoltà, aggiungono problemi su problemi, creando quadri clinici pesanti e gravosi sia per il soggetto, che per l’intera società, la quale dovrà sostenere costi ben più alti rispetto alla sola prevenzione.
Perché – per citare un esempio – Emarginazione, Disoccupazione, Solitudine abbassano il livello di autostima, si produce una crisi identitaria che sviluppa passività, rimuginio.
Il soggetto è più esposto a contrarre qualsiasi altra malattia in quanto il quadro immunitario si depaupera; questo si verifica sul piano clinico mentre sul piano comportamentale il soggetto non si fa avanti, delega, non riesce a costruire, peggiora.
Non produce lavoro, bensì costi (in farmaci, in assistenza), regredisce colpevolizzando involontariamente gli altri e coinvolgendo il nucleo familiare; si producono così barriere psicologiche a catena.
Una ricerca mette in evidenza, per esempio, il non utilizzo del tempo libero. Un’altra, sottolinea l’alta esposizione agli infortuni e non solo sul lavoro.
Le barriere culturali sono al vertice di una piramide tramite i concetti di Pregiudizio, di Luogo Comune e di Stereotipo. I concetti in realtà ci consentono di capire da dove partono, come si tramutano e fin dove si manifestano questi divisori mentali. Si tratta di vere e proprie barricate ideologiche che hanno rallentato e reso faticoso il cammino del progresso di chi aveva individuato nella relazione sociale il punto nevralgico della patologia – e soprattutto del dolore – di chi abile è, anche se in modo diverso. Oggi sono sparite le opposizioni plateali ma sono rimaste quelle striscianti.
Oggi, nella società dell’immagine e del consumo, dove il culto del corpo ha investito l’immaginario collettivo, con il modello di essere umano tipo, bello e ricco, cui tutti devono conformarsi per essere accettati, il diversabile che non vi si può conformare o lo si compatisce o lo si nasconde. Il vero dramma è il fantasma che tale condizione genera nel vissuto e nella mente di chi disabile non è.
Lo Stereotipo e il Pregiudizio generano nell’inconscio il rifiuto e l’opposizione verso coloro che rappresentano lo specchio delle paure delle persone sane.
Gemma Andreoli sintetizza così le immagini negative e fantasmagoriche che la gente ha di queste persone:
- inesistente
- eterno bambino
- l’altro senza potenzialità
- disabilità fisica/disabilità mentale
- passività o iperattività
Pregiudizio e Stereotipo si sono abbattuti spietatamente sullo sviluppo della ricerca e dei risultati della scienza diffondendo:
- informazione
- educazione
- relazione
difettose, inadeguate rispetto la modernità, soprattutto alle esigenze della disabilità. Parlando inappropriatamente di COMUNICAZIONE, si è lasciato raggiungere obiettivi e successi ad altri Paesi culturalmente più avanzati.
Comunicare, dal Latino “rendere comune”, non è rivolto solo alla parola, bensì anche a cose, pensieri, e gesti.
Ad essere assenti non sono state le leggi, norme, riforme o tecnologie, ma un processo di trasformazione culturale e mentale dei più. La resistenza al cambiamento può essere la risposta ad un sintomo ansioso e fobico, può essere anche la difesa di interessi economici e personali quasi sempre di piccole comunità grette. Viceversa le grandi comunità o le grosse società hanno più propensione all’accoglienza perché in fondo più conveniente.
Vanno sottolineate le barriere presenti nella cultura, nei luoghi di questa – perfetti per la promozione sociale e favorenti la relazione. Questi spazi nella loro rappresentazione, il più delle volte del passato, danno una sensazione precisa del sé aiutando la visione del futuro.
A tutt’oggi sono assenti guide specializzate, tecnici di sostegno per il linguaggio e l’audio. Non ovunque è possibile il ricorso, per esempio, alla lingua dei segni, alle comunicazioni aumentative ed alternative e ad ogni altro mezzo di comunicazione integrativa. In questa direzione ha giocato un ruolo fondamentale la Società Internazionale di Comunicazione Aumentativa e Alternativa che nel gennaio 2006 è divenuta organo consultivo speciale presso le Nazioni Unite, intendendo non solo le lingue parlate, ma anche i gesti fino a raggiungere la costruzione di una relazione educativa, per tutti.
Un altro ambiente di fondamentale importanza è la Scuola, dove purtroppo è totalmente assente un quadro concettuale di riferimento per lo sviluppo di un’istruzione e di una formazione. Ancor più lontana è la presenza di una politica scolastica che abbia una prospettiva di respiro internazionale – ad eccezione di sporadiche iniziative.
Il settore della cultura trova un suo “momento di gloria” grazie alle donne: come esempio riportiamo alcune donne palestinesi, che malgrado la loro condizione, nel febbraio 2017 si sono messe in viaggio dalla loro terra. Tutto questo a dimostrare che, volendolo, il superamento delle barriere architettoniche è possibile.
E’ possibile nei luoghi di interesse culturale e non solo: lo è nel mondo – un mondo inteso come grande arena culturale.
Le barriere sociali coinvolgono anche i concetti di economia e finanza, di politica economica, finanziaria e amministrativa.
Fondamentale importanza viene rivestita dalla povertà e l’impoveramento.
Secondo i più recenti dati globali del 2017 (Rapporto EURISPES) vediamo che la perdita di lavoro incide per il 76,7 % nella popolazione intera. Considerato quanto é basso il numero di lavoratori disabili occupati – è occupato 1 su 2 – e quanti di essi sono suscettibili con facilità alla perdita di occupazione, l’indice di povertà che si abbatte su questa categoria non può che essere elevatissimo. L’ISTAT ci riporta che un nucleo familiare con più di un soggetto disabile è da definire povero o in via di impoverimento.
Consideriamo che i disabili sono comunque relegati in attività minimali.
- A) provengono da una discriminazione iniziata in fase precoce, come bambini che sono stati dirottati verso reti di istruzioni emarginanti.
- B) molti di essi sono timorosi nel cercare il lavoro e non ricevono dalla famiglia un aiuto adeguato.
Tutti questi disagi partono progressivamente da un aumento del 15% e raggiungono il 40% o più al pensionamento. Non risulta che tali dati in questo ultimo decennio abbiano subito miglioramenti.
Altre barriere sociali, attualmente alla ribalta di studi e tentativi d’intervento, sono:
- la relazione intersoggetiva
- il diritto all’affettività e sessualità
- il diritto fondamentale all’intimità
- maggiore integrazione nelle attività sportive
Da recenti sondaggi, emerge che oltre il 90% degli intervistati considera normale che una persona disabile provi sentimenti erotici e la metà non esclude un coinvolgimento emotivo con un disabile motorio o sensoriale.
Qui, soprattutto il pregiudizio, fa venire in mente Albert Camus: “l’assurdo nasce dal confronto tra la domanda dell’uomo e l’irragionevole silenzio del mondo.”
La Diagnosi come barriera
Conformarsi agli orientamenti normativi e valoriali della società, significa riprodurre le strutture sociali che sono causa di esclusione e allontanano dalla tesi di fondo che la disabilità va intesa come relazione sociale.
Pretendere una “diagnosi ben fatta” accurata differenziata è importante.
La diagnosi che conferisce credibilità può servire per ricevere un efficace supporto medico/educativo e tutela nel quadro delle leggi antidiscriminazione, è un potente strumento di riconoscimento sociale e rappresenta il nesso causale tra svantaggio biomedico e svantaggio sociale.
E’ indispensabile che sia ben strutturata per i disabili invisibili troppo spesso trascurati.
Secondo un noto psicologo la disabilità, se vissuta secondo i principi detti e ripetuti dell’integrazione, dell’inclusione da “tragedia personale,” può diventare “una seconda nascita”.
Ricordo in fondo, quanto detto da Papa Francesco:
“puoi avere difetti, essere ansioso e vivere qualche volta irritato, ma non dimenticare che la tua vita è la più grande azienda al mondo solo tu puoi impedire che vada in declino… essere felici è trovare speranza nelle battaglie, sicurezza sul palcoscenico della paura, amore nei disaccordi…”